Gabriele Caccianiga
Era il 2010: fino a quel momento – nella mia piccola storia imprenditoriale nel settore della Barbieria – ho avuto solo un paio di collaboratori durati il tempo di un gatto in tangenziale.
Il negozio dipendeva troppo da me, e chiunque provassi a inserire come supporto, finiva per restare immobile tutto il giorno, facendo solo shampoo e scopando per terra.
I clienti, giovani e non, venivano in negozio perché conoscevano me, si fidavano di me e non
permettevano a nessun altro di poter lavorare sulle loro “teste”.
Snervante direi, sia per il collaboratore che per me: dovevo retribuire una risorsa che, per come andavano le cose, non era produttiva.
Insomma, il processo di delega era ancora materia sconosciuta per me e dunque annegavo nel lavoro, pur avendo una persona al mio fianco a supporto.
Fino a febbraio 2010.
Gabriele – Gabry – o meglio “Speedy” (poi capirete il perché), ha iniziato la sua prima esperienza
come “garzone” in barbieria esattamente il 23 Febbraio 2010.
Aveva già fatto qualche breve esperienza lavorativa nell’azienda di ossidazione d’alluminio della sua famiglia, ma diciamo che l’entusiasmo per quel lavoro non era poi granché.
Le vecchie regole nel mondo della barbieria narravano che, prima dei 10 anni di lavoro, nessun barbiere poteva definirsi tale, perché non aveva maturato ancora l’esperienza necessaria per poter vantare questo “titolo”. (ASSURDO!)
Assurdo soprattutto se penso a me che, dopo solo 5 anni di esperienza, nel 2002 avevo già aperto un negozio di proprietà. E vi garantisco che non era un’impresa particolarmente usuale ai tempi.
Obiettivo principale dell’assunzione di Gabry – anche a costo di mettere a rischio qualche cliente – era delegare a lui quanto più possibile.
Che sia chiaro: non volevo lavorare meno, al contrario ero intenzionato ad aumentare il numero di servizi giornaliero, per arrivare – alla fine del primo anno di esperienza di Gabry – a raddoppiarlo, rendendo lui una risorsa autonoma al 100%.
Per i primi mesi, mi sono concentrato sul carattere di Gabry, per poter capire quali potessero essere i suoi punti di forza e i suoi punti deboli, così da poter godere dei primi e allenarlo sui secondi. Questi termini ora li conosco molto bene, ma a quei tempi ho lavorato su Gabry in maniera inconsapevole, ho agito d’istinto.
Mi sono accorto subito che i suoi punti di forza erano la piena disponibilità e l’incredibile velocità di apprendimento. Faticavo però a trovare i punti deboli.
Mi spiego meglio: percepivo che c’era qualcosa che lo mandava in ansia, ma non capivo cosa.
Per mesi ho lavorato con lui fianco a fianco e, passato quasi un anno, mi rendevo conto che, seppur assimilava come una spugna tutto ciò che gli insegnavo, c’era qualcosa che non andava.
Niente, non riuscivo a decifrare con precisione cosa fosse. Perché?
Perché non era solo un fattore a mandarlo in ansia, c’erano un insieme di aspetti lo portavano ad avere questa sensazione di disagio sul lavoro.
D’un tratto ho capito: era proprio lui che di indole andava in agitazione. Su tutto, su qualsiasi novità o cambiamento in corso d’opera.
Capito quindi il suo punto debole, ecco la soluzione: metterlo sempre in condizione di dover affrontare situazioni nuove da gestire dandogliene la responsabilità.
A quel punto ho iniziato davvero a metterlo in crisi.
Cosa gli da sicurezza?
La mia presenza?
Allora è necessario che io non sia presente quando riterrà di aver bisogno di me.
Mi occupavo io dell’agenda, prendendo gli appuntamenti per gli entrambi. Per metterlo in crisi, mi bastava quindi allontanarmi con una scusa, stando via per ore. E Gabry si trovava in negozio da solo, con i suoi clienti e i miei.
Risultato? Dopo qualche minuto in cui prendeva coscienza che non ero lì, capiva di non avere il tempo di farsi prendere dall’ansia, ma era costretto a risolvere il problema. Doveva fare sia i suoi clienti che i miei.
Questo esperimento l’ho ripetuto più e più volte.
Ora quindi capite perché Speedy: l’ho fatto diventare talmente veloce da essere quasi da Guinness dei primati. Ma – soprattutto – sono riuscito nell’intento di educarlo al problem solving.
So a cosa state pensando: il rischio era molto alto, lasciavo il negozio e i clienti in mano a un ragazzo giovane, mettendolo a dura prova caratterialmente; ma fidatevi, era necessario.
Necessario per lui – per superare alcune sue lacune – e necessario per me. Se ci pensate bene, mi sono messo a dura prova anche io. Vi assicuro che non è facile per chi ha sempre lavorato nel proprio negozio e seguito i clienti personalmente, allontanarsi senza poter avere il controllo.
Insomma, involontariamente e senza esserne consapevole, il processo di delega a favore di Gabry era iniziato!
Sono passati 11 anni e Gabry non ha smesso di combattere con la sua ansia. Però ha finalmente imparato a gestirla. Ovviamente ora è tutto più semplice: Gabry non è più da solo, sono arrivati altri membri nello staff e sono davvero da 10 e lode (ma di loro vi parlerò nei prossimi articoli).
Però, non è certo un caso se oggi sia lui il responsabile de La Barbieria di Milano, un negozio che presto festeggerà i 20 anni e che ha radici profonde nel cuore di Buccinasco.
Ecco, credo di poter dire che Gabriele sia stato il primo “caso umano” che mi ha fatto scoprire le mie sconosciute doti da coach e la mia innata passione per la crescita personale. Doti che ancora non conoscevo e che oggi coltivo con grande passione.